CAPITOLO 1: SOLITA ROUTINNE

Insicure nuvole grigie, ancora all’orizzonte, lasciano ormai intendere che questo lungo inverno sta per giungere al termine. Il vento freddo soffia ancora con forza inargentando le onde del mare contro le pareti rocciose che circondano il vecchio molo a picco sul mare.
Sul pontile, una figura solitaria sta scattando delle foto, compiacente di quell’attimo di solitudine.
Indossa un cappotto nero, che si lascia accarezzare dal vento, jeans corrucciati sugli scarponcini neri.Il maglione bianco a collo alto, mette in risalto la carnagione scura, mediterranea, il viso dai lineamenti definiti da una armonica magrezza. Un ultimo sguardo a testa alta, fiero e con aria di sfida nei confronti di quel grigiore invernale che sembra in qualche modo affascinarlo, per poi incamminarsi verso la terra ferma.
Alla fine del pontile, la città, case su case, muri su muri non lasciano spazio alla vista del cielo. Corridoi di indaffarati passanti, vetrine luccicanti, cartelloni pubblicitari reclamano la tua personalità, indicano il look per la tua via del successo. L’insolito personaggio si ferma davanti ad una vetrina, ad agognare una camicia bianca. Da sotto il suo cappotto spunta una cartellina, a prima vista non notata, un porta foto, con un etichetta bianca che riporta il nome “Gabriele”.
Gabriele, un giovane artista, che ama come non mai l’arte, e tutto ciò che ne fa parte. I suoi pensieri, gli scorrono in testa come una specie di slide fotografico di opere d’arte. Tutto per lui è un opera d’arte, compresa o incompresa che essa sia.Un fiore appassito, per molti un oggetto privo di vita di cui sbarazzarsi prima che imputridisca, per Gabriele è il simbolo, il segno, che qualcuno d’innanzi a quel fiore abbia provato un’emozione; chissà forse donato in segno di amicizia o in occasione di un evento importante. In ogni caso quell’oggetto bruno e rancido, dalla bellezza ormai sfiorita è stato per un attimo la rappresentazione di un emozione.
Di ritorno a casa, Gabriele appende il cappotto nero sulla gruccia appena dietro la porta.
Sembra essersi già lasciato fuori della porta quella malinconia di cui il vecchio molo lo intinge ogni qualvolta vi si rechi.
Con fare sbarazzino, mette su della musica, ed accennando strampalati passi di ballo, si toglie di dosso gli abiti, scorrazza ancora un pò a ritmo di musica, con indosso i boxer neri, mentre si prepara per la doccia. Pochi minuti ma ben organizzati per prendersi cura di se.
Dopo la barba e la doccia, girovaga ancora un pò per casa, sempre più indaffarato e preso dalla musica, sembra quasi un rito. Crema corpo, sigaretta, guardar fuori della finestra mentre i capelli neri e corti si asciugano. Gel sui capelli, spettinati, e con ciocche ribelli, mentre col pensiero decide quale abiti indossare.
I soliti scarponcini neri, spuntano tra le pieghe degli irriducibili jeans bianchi, tenuti su dalla cinta di cuoio nero.la camicia nera con il colletto leggermente alzato sulla nuca corre via perfettamente sul petto per scivolare nei jeans, piacevolmente intonata con i capelli mori e gli occhi neri.
Un ultimo sguardo di incoraggiamento allo specchio, prima di riversarsi sulle strade della città.
Il lavoro aspetta! Gabriele dietro il bancone del bar, a versare fiumi di birra, a clienti sempre meno soddisfatti delle loro vite. Sempre più in cerca di nuove emozioni, e sempre più legati a quel barista al quale poter raccontar sempre più cose di se, una valvola di sfogo, uno sconosciuto che però ti capisce e ti conosce forse meglio dei tuoi familiari.Mentre Gabriele ascolta ogni sorta di storia, dispensa consigli, ammicca e con incomprensibile naturalezza lascia invaghire di se gli animi di chi lo ascolta.
Qualcuno lo ha descritto come uno scrigno, lasciato solo a conservare le emozioni che l’uomo a dimenticato, logorato dalla solitudine della routine del mondo moderno.
Quando nello scrigno non c’è più posto per le emozioni, Gabriele fa posto, spostando le proprie, sulle tele dipinte.
Ogni tela, ogni soggetto, ogni colore, nulla lasciato al caso, come un fluido vitale, una linfa troppo preziosa per esser gettata in balia del tempo, viene lasciata passare attraverso le setole dei pennelli ad intrecciarsi e fissarsi per sempre con le maglie della tela.Le sue giornate, tutte uguali, sempre la solita routine, spezzata dalle passeggiate, al mare o in montagna di cui era solito fare accompagnato sempre dal suo cavalletto per dipingere, e dalla macchina fotografica, per fissare quei momenti che per mancanza di tempo sarebbero sfuggiti.
Alla sera era solito, uscire con gli amici, poche volte in gruppo, e spesso con non più di tre persone. Non adorava la confusione, ma avvolte vi si rifugiava!
Spesso era accompagnato da qualche cliente affezionata del bar, con cui aveva intrapreso una qualche amicizia.
Non cercava amore né storie importanti, adorava il suo stile di vita.Piccole storie, emozionanti, ma di breve durata da cui fuggiva non appena se le sentiva stringersi addosso.Fortunatamente non aveva difficoltà, nel dar il via a tutte quelle piccole storie che gli giravano intorno, consapevole fin dall’inizio, che avrebbero, per loro natura, avuto una fine; Non per questo mancava mai di rispetto a nessuno. Ogni cosa bella, resta bella anche quando è finita, avvolte qualche spiacevole strascico, ma trovava il modo per recuperare e riportare le cose al puro stato di amicizia.
Reputava l’amicizia, quella vera perfino più forte dell’amore.
Durante la pausa pranzo quel giorno decise di non tornare a casa e pranzare in pizzeria.
All’ora di pranzo si diresse quindi in una pizzeria poco distante, dove durante l’attesa dell’ordinazione, una ragazza gli si avvicino, chiedendo se fosse proprio lui, proseguendo in cerca di certezza, chiedendo se si ricordasse di lei.
Per un attimo Gabriele dubitò di ricordarsi seriamente di quella ragazza, ma i suoi occhi gli ricordavano qualcuno. Poi come un lampo, venne alla mente il nome di Sara.
Certo che mi ricordo di te, sei Sara; disse Gabriele.
Come va ? come stai? Dipingi ancora? Chiese Sara.
Sì certo!; e chi può farne a meno! disse Gabriele.
Sai, ho ancora il ritratto che mi facesti tu; Continuò Sara. Si fu una bella giornata quella, rispose Gabriele, mentre di getto Sara ribatté: Fu un bel periodo, si!
Ma dimmi, cosa fai adesso, sei sposato? Chiese Sara.
Gabriele evitò la domanda, chiedendogli se avesse gia pranzato, e se avesse voluto fargli compagnia durante la pausa pranzo.Cosi passarono il pomeriggio, a chiacchierare e rimuginare i ricordi del periodo dell’università, le feste, gli amici, le serate a zonzo per la città vuota. Inevitabilmente si scambiarono opinioni sul loro attuale aspetto, risultando entrambi più maturi e sicuri di se, eppur sempre gli stessi irriducibili sognatori.
Si scambiarono le e-mail, per poi salutarsi frettolosamente e tornare alle loro vite da single.
Gabriele torno alla sua routine dietro il bancone.
Ben presto arrivo la sera, e come ogni sera, spense le luci del bar, e terminò di tirar giù la serranda già per metà chiusa, dall’ultimo cliente uscito dal bar.
Prima di tornare a casa, una breve visita al molo per fumarsi una sigaretta, e rilassarsi qualche minuto lontano dalle luci e dal frastuono del traffico cittadino, gustandosi la musica delle onde che gli raccontavano del pomeriggio appena passato.
Tornato a casa, si libero, del cappotto, delle scarpe che per tutto il giorno gli strinsero i piedi.
Le stanze, calde e accoglienti rischiarate dalla luce del camino ancora acceso. La luce del fuoco rischiarava i suoi quadri appesi alle pareti; una donna tinta con toni di verde e grigio, dai capelli neri e ondulati, con in mano un mela, rossa.
Rossa era anche la benda che gli copriva gli occhi, senza stringersi sul viso le si allacciava dietro la nuca con dolcezza, quasi facesse parte di lei. Indosso null’altro. Seduta su se stessa e sulla caviglia riportava la firma di Gabriele, nessun titolo, nessuna data.Quel quadro padroneggiava su tutti gli altri, per le dimensioni, e per il misto di sensualità, passione e malinconia che riusciva ad esprimere.
Gabriele aveva preparato la sua cena, mentre dallo stereo infondo alla sala si diffondeva la musica che aveva scelto. Finì con tutta calma la sua cena, ripose con cura le vettovaglie dopo averle lavate ed asciugate.
Si liberò, della camicia, per restare a petto nudo con indosso i pantaloni bianchi. Il suo fisico, dalla carnagione mediterranea, non era particolarmente muscoloso, magro, ma ben proporzionato, con le linee muscolari ben scolpite, le spalle dritte, ed una piccola voglia bruna a forma di grappolo d’uva sul fianco al lato dell’inguine.
Non aveva voglia di guardare la tv quella sera, né di dipingere, così accese il PC, intento a dialogare attraverso il “messenger” con cui teneva i contatti con gli amici sparsi nel mondo. Amici d’infanzia, vecchie conoscenze, ma anche ignoti argonauti del web ai quali dedicava molte delle sue notti, con discussioni importanti, prive di superficialità e in completa sincerità e segretezza, protetto dallo schermo e dalle distanze.
Un diario segreto fatto di persone, che ti ascoltano con interesse, ma che non anno voce per raccontarle ad altri, che non conoscerai mai, e con i quali non avrai mai frasi o episodi raccontati da dover sostenere. Le amicizie su internet vanno e vengono, iniziano come una semplice discussione per poi entrare nell’intimo; fantasie mai dette, lati della propria personalità sconosciuti a noi stessi.
Un mondo parallelo, in cui la realtà si fonde e confonde con la fantasia; il corpo perde la propria ragione di essere, le sensazioni sono le uniche a passare attraverso i fili di rame che collegano milioni di persone in quella fitta rete chiamata web.
Non ricordo quale filosofo, professasse gia in tempi arcani e privi di tecnologia, che il sentimento più forte dell’uomo ossia l’amore, fosse tanto più puro quanto meno gli altri sensi quali la vista, l’udito ed il tatto, lo inquinassero; puro sentimento, espresso attraverso frasi scritte, su carta pergamena.
Può internet fungere da filtro e lasciar passare solo quelle sensazioni intrinseche alle frasi scritte su un freddo schermo a cristalli liquidi? quando avrete trovato la vostra risposta, non saprete più quale lato della vostra personalità ha voluto suggerirvela.
Gabriele stava conversando con alcune conoscenze, alcune reali, altre virtuali, altre ancora virtuali ma che grazie alle brevi distanze diventavano a tratti reali. Avvolte la vita ci chiede di concederci ai piaceri della carne senza che questi implichino, delle conseguenze, senza coinvolgimenti sentimentali, e senza che abbiano un seguito.
Avvolte Gabriele, senza volerlo, o fingendo di non volerlo, dava sfogo a tutta la sua poeticità, nascosto dietro allo schermo, lasciando che le ragazze con cui conversava si invaghissero di lui, e in qualche modo gli riusciva molto bene, quasi in modo incontrollato, quasi non fosse lui a scrivere.
Spesso succedeva che poi il corpo reclamasse la sua parte e cosi lì dove fosse possibile, la storia diventava reale, per brevi periodi o anche per una sola notte!
Gabriele non cercava storie di lunga durata, né l’amore della sua vita, a lui bastava la passione, l’attimo; si nutriva di emozioni. Quando una storia raggiungeva un livello tale da nuocere ad una delle due parti, quando se le sentiva strette addosso, non lasciava spazio alla poesia, lasciava che la passione sciamasse lentamente portando via con se tutto ciò che c’era stato.
Ed è per tutto questo che nelle conversazioni di Gabriele non sono rare, frasi del tipo: non insistere, ti sei già invaghita di me una volta ed io di te, e sai che non sono quel che cerchi, meriti altro, molto di più, come tutti.
Avvolte un lato un po’ deprecabile del suo carattere scherza con le sue amiche mettendo in risalto come poteva essergli facile far invaghire le ragazze come loro.
Questa è una parte della sua indole alquanto detestabile, ma chi lo ha conosciuto “realmente” sa che esiste, per quando fastidioso sia. Chissà se fuori dallo schermo presenterebbe ancora tutta questa sicurezza!?
I dialoghi di Gabriele, quella sera, avvenivano con gli abituali compagni, i soliti affezionati amici.
Ilaria: la ragazza in cerca del principe azzurro.
La sua vita era un continuo scontro con la realtà dei fatti, che trovava le sue difficoltà tra le continue ricadute nella depressione della madre, ed il padre che viveva lontano per via del lavoro. Lei però continuava a sognare e rincorrere la sua favola, il suo principe, sognando di vivere in una piccola casetta in campagna attorniata dalla sua futura famigliola.
Giusy: l’universitaria, che molto aveva in comune con Gabriele, stesso carattere, entrambi romantici e sognatori, una delle storie diventata realtà, entrambi poeti maledetti da una sola notte, e senza coinvolgimenti. impegnata negli studi d’arte moderna, era fortemente innamorata di se stessa, e questo assieme alla passione per l’arte era tutto ciò che le serviva.
Sara: la ragazza incontrata nel pomeriggio, con cui aveva condiviso il pranzo e lunghe serate all’università.una ragazza semplice, carica di sani principi, lavorava come infermiera riuscendo a mantenersi da sola. Passava il suo tempo libero, tra volontariato e qualche caffè al bar con le amiche. Secondo Sara, la vita è bella in quanto vita, tutto accade a tempo debito, e si lasciava trasportare dagli eventi in volo tra una pagina e l’altra del suo destino.
Gabriele la definiva il lato positivo ed ottimista di questa nostra società.
Erano i loro compagni di conversazione in quella notte di fine inverno.
Ben presto si aggiunsero:
Luca; un uomo sposato, benestante, posizionato tra le alte cariche universitarie, che amava alla follia sua moglie, ma che non riusciva a respingere le provocazioni delle innumerevoli ragazze che all’università gli rivolgevano, finendo troppo spesso nel suo letto, per poi starci male, divorato dal rimorso ricorrente, e dallo sguardo dolce di sua moglie che gli bruciava come il sale, sulle ferite nel petto, provocate dalla sua trasgressione. Tutti loro erano il suo “confessionale” alla continua ricerca di redenzione, per la mai ultima trasgressione.
Infine c’era colui che si nascondeva dietro l’acronimo do Vlad.
Vlad era un ex fotomodello russo, ormai trapiantato a Roma, che lavorava come rappresentante di cioccolatini, sapete, quelli con le frasi d’amore dentro la confezione.Per tutti noi era il vile-bastardo.
Per Vlad l’amore non aveva senso, la poesia era la punizione di Dio, donata all’uomo per renderlo meno selvaggio. La droga il sesso ed il rock, per Vlad erano solo i preliminari. Quando non aveva assunto altre droghe, il sesso era la più agognata. Un forte carisma la notte prima, un perfetto sconosciuto, freddo e gelido, infastidito di averti nel suo letto la mattina seguente.
Credo che nessuna delle ragazze presenti quella sera vorrebbero veramente conoscerlo.
Vlad era alquanto arrabbiato quella sera, poichè a suo dire una ragazza con cui da qualche settimana conversava, nonostante fosse nella sua stessa città, non voleva incontrarlo, ma allo stesso tempo non voleva chiudere ogni contatto.
Tra le varie risposte, delle ragazze che erano presenti alla conversazione, Giusy gli spiegava come quella ragazza era esattamente la sua immagine allo specchio, e che quello che lui faceva a tutte le altre ora lo stava subendo lui.
Come ci si sta? Chiedevano
Dove è finito il freddo Vlad! Ironizzavano.
Prendi esempio di buone maniere da Gabriele, forse cosi saresti degno della sua considerazione, aggiunse Sara!
Mentre Gabriele, attizzava il fuoco dicendo che le buone maniere non potevano far parte di quel essere selvaggio.
Vlad rispose spiazzando Gabriele affermando che egli parlava, parafrasava, usava la poesia, ma alla fine non era in grado di combinare mai nulla.
Una fama fittizia, un essere virtuale.
Dici ! ne sei convinto! Io sono sicura del contrario. Aggiunse Giusy.
Ormai era quasi l’una del mattino. E Gabriele doveva alzarsi all’alba per andare a lavoro, stanco e con gli occhi arrossati seguiva a stento quella conversazione che lo trovava al centro dell’attenzione.
All’improvviso Luca che fino a quel momento aveva seguito in completo silenzio la discussione!
Irrompe dicendo: piantatela, ragazzini senza esperienze! Vi propongo una cosa!
Daremo a Gabriele pochi mesi per far invaghire una persona di lui, e vedrete che si smentirà.
Giusy rispose: sei mitico luca, dove sei, voglio conoscerti!
Sara: e chi sarà la prescelta!?
Ilaria: e lo chiedi? L’irraggiungibile! La ragazza che ha conosciuto vlad.
Gabriele rispose, inizialmente, acconsentendo al gioco, ma gia aveva qualche dubbio al riguardo.
In seguito aggiunse che, vlad sicuramente gli avrebbe messo i bastoni fra le ruote, avendo il contatto con la ragazza, e non avrebbe avuto scampo.
Giusy aggiunse: be! si, non ha tutti i torti, lasciamo scegliere a lui!
Luca: certo cosi sceglie qualcuno che conosce, prende accordi e ci beffeggia tutti!
Gabriele sempre più stanco, lascio la conversazione lasciando loro decidere il da farsi, accettando la sfida, ma in quel momento non era in grado di stare ancora sveglio, cosi salutò tutti e gli diede appuntamento alla sera successiva per conoscere i risvolti del loro perfido giochetto.
Spense il PC, e si coricò a letto.Nella stanza il fuoco era ormai spento, ma la musica, dolce e lieve, continuo a sussurrare fino al mattino.

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