CAPITOLO -2- "IL TAVOLO 6"

Sono quasi giunte le 21: 30, ed all’interno del bar rimane solo qualche cliente con poca voglia ti tornare a casa. Sorseggiano lentamente le loro birre, con lo sguardo perso tra il televisore al plasma sulle pareti di pietra, e uno sguardo ai quotidiani che vista la giornata ormai giunta al termine saranno presto sostituiti dalle nuove notizie da prima pagina del mattino successivo, gia accennate dai TG televisivi.
Sul tavolo 6, in disparte, una donna sola richiama l’attenzione di Gabriele, ordinando un caffè con dello zucchero di canna. A quella richiesta Gabriele si asciuga le mani bagnate dall’acqua con cui lavava gli ultimi bicchieri e con fare leggero e gentile si avvicina al suo tavolo. I capelli folti e robusti le scendevano lungo il viso attorniandolo con boccolosi riflessi rossicci. Il suo sguardo era molto profondo, gli occhi scuri, color nocciola, sembravano raccontare difficoltose vicissitudini superate con fierezza.Il viso dai lineamenti rudi, ma femminili, lasciava trasparire un incredibile forza di volontà. Gabriele avvicinandosi alla signora, disse con garbo di non poterle preparare il caffè avendo gia pulito ed effettuato la manutenzione della macchina per l’espresso. La donna per sua risposta, con aria dotta e ammiccante, rispose come mai un giovane cosi educato negasse un caffè ad una signora come lei.
Con abile loquacità, come solo Gabriele avrebbe potuto usare, rispose spiegando che se avrebbe insistito il caffè lo avrebbe servito ed offerto volentieri, ma i primi caffè dopo la manutenzione non hanno un buon sapore solitamente, per cui non erano all’altezza della signora.
Due piccole gote rosse lasciarono subito trasparire, che al di la dell’aspetto sicuro, i complimenti avevano sortito il proprio effetto.
Avete l’aria molto stanca, disse la signora invitando Gabriele a sedersi per qualche istante affinché la aiutasse a scegliere qualcos’altro.
Nel frattempo l’ultimo cliente salutava Gabriele attraversando l’uscio, ed abbassando a metà la serranda del locale con cenno di intesa rivolto al barista, così come era sua abitudine serale.
Lo sguardo fisso di quella donna dritto negli occhi di Gabriele, suscito una incomprensibile sensazione, di attrazione e repulsione nei confronti di quella donna che in fin dei conti poteva avere l’età di sua madre, ma fu proprio la maturità del suo aspetto fisico, che lo attraeva.
Avete deciso cosa devo servirvi signora, disse Gabriele, con tono nient’affatto scocciato dell’attesa.
Ancora un attimo rispose la signora continuando a fissarlo.
Cosi Gabriele ruppe il ghiaccio iniziando una conversazione, chiedendo cosa ci facesse una signora carina come lei, da sola in quel bar.
La donna rispose, che si era trasferita gia da un pò in città, ma che nonostante avesse un carattere aperto e socievole riscontrava dell’astio, tra i suoi coetanei essendo per la quasi totalità sposati, mentre restava indifferente agl’occhi dei trentenni data la sue età, ritrovandosi così sola a parlare con un barista che se non fosse per professionalità e cortesia, non l’avrebbe presa in considerazione.
Ma cosa dice signora! Esclamò Gabriele.
Continuo spiegando di come lui parlasse con le persone, non per dovere, ma per puro piacere.
Vede signora; continuo Gabriele, ognuno di noi a molto da insegnare e da condividere con gli altri, se i giovani servono a ricordarci quanto spensierata fu un tempo la nostra vita, quanti sogni abbiamo perso, le persone adulte possono insegnarci come la morte non abbia tempo per rincorrere i nostri desideri, per cui finche il nostro corpo è vivo, i nostri desideri restano sempre vivi, poi sta a noi decidere se lasciarli morire nell’attesa, o farli rivivere.
Un corpo senza anima, è un corpo senza vita.Le emozioni sono il cibo dell’anima, e dobbiamo averne cura proprio come abbiamo cura del nostro corpo.
Quanta saggezza in un così giovane ragazzo, beffeggia con ironia la donna.
Io non vorrei mai arrivare alla sua età e guardare il mio passato con rammarico, per cui vivo ogni attimo incondizionatamente.
La donna rispose, dicendo che quando aveva la sua età presentava la stessa voglia di amare la vita, ma crescendo s’impara che la vita spesso non è come la immaginiamo.
Cosa vuole fare da grande signora? Chiede con un lieve ghigno sulle labbra Gabriele.
La donna rispose: da grande!? avrei voluto fare un lavoro come il tuo, stare in mezzo alla gente,e non in un piccolo ufficio a smistare posta e copiare indirizzi.
Gabriele rispose: il mio lavoro, è molto bello, ma la sua bellezza non è data dai clienti che mi circondano, poiché essere in mezzo alla gente non significa non essere soli, mi creda avvolte ci si sente più soli in mezzo ad una folla, piuttosto che accovacciati nel proprio letto al sicuro del proprio nido, il segreto è riuscire a condividere le proprie emozioni, a non essere i soli a sortirne l’effetto.
Già! Intanto il caffè non me lo avete preparato, disse la donna, continuando dicendo che ormai non era più necessario, compiacendosi della buona compagnia con cui avesse passato quel tempo.
La ringrazio per aver condiviso il suo tempo con me, disse alzandosi poi dalla sedia.
Già, il caffè ! disse Gabriele. Conosco un posto dove a quest’ora fanno degl’ottimi caffè continuò, vi va di farmi compagnia?
Bè, come potrei rifiutare! Rispose la donna e ripetendosi pensando tra se e se, cosa ci fosse di male, infondo era sola, lui era solo, e poi che male cera lasciare che l’anima decidesse al posto del corpo per una sera, infondo l’anima non ha età né pregiudizi, ma ha una coscienza, quindi evitiamo i rimpianti.
In realtà trovava Gabriele fisicamente acerbo, se non fosse per quell’aria da poeta maledetto che gli si formava indosso, dopo averci parlato per pochi minuti.
Non è ben comprensibile cosa potesse passare per la mente di Gabriele, ma sembrava molto compiaciuto di quel incontro, sembrava aspettasse da sempre che quella donna entrasse nel suo bar e si sedesse a quel tavolo.Non crediate che il sesso sia l’unico pensiero di Gabriele, non è nel suo stile, non se privo di emozioni, non se implichi rimpianti dell’una o dell’altra parte. Una cosa è certa però, quella donna lo intrigava, lo seduceva, senza dover necessariamente far nulla.Ammaliante, la trovava ammaliante.
Spensero le luci del bar, due giri di chiave alla serranda chiusa e s’incamminarono nel viale di fronte al bar.le luci dei lampioni offuscate da una lieve nebbiolina si alternavano alle chiome bagnate degl’alberi. Il silenzio della città rotto solo dal rumore delle onde contro le rocce man mano che si avvicinavano al molo.Un viottolo di sampietrini li condusse ad una piccola caffetteria.Una piccola fiaccola accesa, illuminava l’insegna all’entrata.
Scostarono la piccola porta d’entrata e si recarono a sedere in u angolo del locale.Una piccola finestrella al lato del tavolo di legno massello color noce, donava la vista sul faro che con il suo fascio di luce roteante, illuminava lievemente e a tratti i loro volti. Gabriele guardando fuori disse: manca solo un bel caffè bollente ora; mentre lei fece un incerto cenno di consenso con il capo.
Una giovane cameriera si avvicino al loro tavolo chiedendo cosa volessero ordinare.
I due si guardarono per un attimo negl’occhi e all’unisono con voce decisa esclamarono: Cioccolata calda!
Sorridendo per l’inaspettata intesa, e continuarono ancora una volta sovrapponendo le voci: con panna grazie!
Arrossirono entrambi e per un attimo scese un imbarazzante silenzio se non fosse per la ragazza che sorridendo disse: arrivano subito!
Conversarono a lungo quella notte, risero e sorrisero guardandosi mentre gustavano le loro cioccolate.
Scherzarono delle proprie scorrerie da bambini, raccontandosi gli episodi più discoli della loro infanzia, per soffermarsi e ritrovarsi adulti a guardar un faro fuori dalla piccola finestrella.
Rincuorati e divertiti, pagarono il conto e si diressero all’uscita, continuando a burlarsi l’un l’altro.
Gabriele si porto in avanti, e con uno strampalato inchino da gentiluomo le aprì la porta, ricalcando con tono ironico le parole: mi consenta la cortesia milady; aprendo la porta. La signora sorridendo, e con finta aria altezzosa e nobile, rispose: con permesso Sur! Annodandosi il foulard!
Appena fuori, chiusa la porta non trattennero un sfacciata risata spontanea.
Bene, lei da che parte abita? Chiese Gabriele
Sono a pochi passi dopo quel viottolo laggiù rispose la donna.
La mia direzione è l’opposta alla vostra, ribatte Gabriele.
Allora con permesso, io andrei per la mia strada, disse Gabriele.
Con permesso ribatte la donna, un ultimo sguardo e si diressero ognuno per la propria via.
La nebbia era quasi scomparsa lasciando
Miriadi di gocce di rugiada che scendevano dalle persiane e dai portoni delle case dei viottoli, mentre
Il ticchettio dei loro passi che si allontanavano sciamava tra i vicoli fino a scomparire, metre la città cominciava ad illuminarsi con i primi raggi di sole per dar vita ad un altra giornata.
Pubblicato il 20 agosto ore 14:02

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Leggendo solo questo piccolo squarcio di questo racconto, posso affermare che continuerò a leggerlo perchè ti porta ad immaginare ogni singola situazione grazie alla dettagliata descrizione e degli stati d'animo e delle varie situazioni e luoghi!
Poi che dire: è vero al destino non manca l'ironia!

Uriel ha detto...

Continua a scrivere e non lasciare mai che la vita possa fermarti. Il destino sarà anche crudele e beffardo ma non ha il potere di offuscare un cuore puro. Continuerò a seguirti. E spero di poter continuare ad esserci.

natan ha detto...

grazie per l'affetto che mi dimostrate, continuerò a scrivere nonostante le beffe di questo nostro destino, ebbene continueremo ad esserci.