- INTRODUZIONE -

Può un desiderio, morire o essere ucciso?Qual'è l'arma per farlo, quale lo spirito?Esiste una tomba per i desideri?Esiste un sepolcro per i desideri? C'è un mondo in cui i desideri vengono sepolti con sudari fatti di buio, sigillati da cuori di pietra; dove labirinti celebrali ne nascondono l'esatta posizione al mondo.Piccole luci restano accese accanto ad ogni tomba, alimentate da ordinare reminiscenze.Vi è mai capitato di svegliarvi nel cuore della notte e sentire un odore familiare, una strana sensazione di piacevole costrizione?Questo è ciò che succede quando un desiderio brama la sua parte di vita, cercando di riemergere; la piccola luce è stata alimentata nuovamente da un qualche ricordo parallelo.Quando questo accade, e se vogliamo che accada, se veramente lo desideriamo, la piccola fiammella, avvampa per rinfocolare l'ardore di ognuno dei nostri sensi.Ebbene in quel momento stiamo esprimendo un desiderio. Un breve intensissimo attimo a cui affidiamo interi periodi del nostro futuro senza limitarlo nel tempo, ma! hei! attenti a ciò che chiedete; perché potreste ottenerlo e lungi da voi, il pensiero che al destino manchi l'ironia.

CAPITOLO 1: SOLITA ROUTINNE

Insicure nuvole grigie, ancora all’orizzonte, lasciano ormai intendere che questo lungo inverno sta per giungere al termine. Il vento freddo soffia ancora con forza inargentando le onde del mare contro le pareti rocciose che circondano il vecchio molo a picco sul mare.
Sul pontile, una figura solitaria sta scattando delle foto, compiacente di quell’attimo di solitudine.
Indossa un cappotto nero, che si lascia accarezzare dal vento, jeans corrucciati sugli scarponcini neri.Il maglione bianco a collo alto, mette in risalto la carnagione scura, mediterranea, il viso dai lineamenti definiti da una armonica magrezza. Un ultimo sguardo a testa alta, fiero e con aria di sfida nei confronti di quel grigiore invernale che sembra in qualche modo affascinarlo, per poi incamminarsi verso la terra ferma.
Alla fine del pontile, la città, case su case, muri su muri non lasciano spazio alla vista del cielo. Corridoi di indaffarati passanti, vetrine luccicanti, cartelloni pubblicitari reclamano la tua personalità, indicano il look per la tua via del successo. L’insolito personaggio si ferma davanti ad una vetrina, ad agognare una camicia bianca. Da sotto il suo cappotto spunta una cartellina, a prima vista non notata, un porta foto, con un etichetta bianca che riporta il nome “Gabriele”.
Gabriele, un giovane artista, che ama come non mai l’arte, e tutto ciò che ne fa parte. I suoi pensieri, gli scorrono in testa come una specie di slide fotografico di opere d’arte. Tutto per lui è un opera d’arte, compresa o incompresa che essa sia.Un fiore appassito, per molti un oggetto privo di vita di cui sbarazzarsi prima che imputridisca, per Gabriele è il simbolo, il segno, che qualcuno d’innanzi a quel fiore abbia provato un’emozione; chissà forse donato in segno di amicizia o in occasione di un evento importante. In ogni caso quell’oggetto bruno e rancido, dalla bellezza ormai sfiorita è stato per un attimo la rappresentazione di un emozione.
Di ritorno a casa, Gabriele appende il cappotto nero sulla gruccia appena dietro la porta.
Sembra essersi già lasciato fuori della porta quella malinconia di cui il vecchio molo lo intinge ogni qualvolta vi si rechi.
Con fare sbarazzino, mette su della musica, ed accennando strampalati passi di ballo, si toglie di dosso gli abiti, scorrazza ancora un pò a ritmo di musica, con indosso i boxer neri, mentre si prepara per la doccia. Pochi minuti ma ben organizzati per prendersi cura di se.
Dopo la barba e la doccia, girovaga ancora un pò per casa, sempre più indaffarato e preso dalla musica, sembra quasi un rito. Crema corpo, sigaretta, guardar fuori della finestra mentre i capelli neri e corti si asciugano. Gel sui capelli, spettinati, e con ciocche ribelli, mentre col pensiero decide quale abiti indossare.
I soliti scarponcini neri, spuntano tra le pieghe degli irriducibili jeans bianchi, tenuti su dalla cinta di cuoio nero.la camicia nera con il colletto leggermente alzato sulla nuca corre via perfettamente sul petto per scivolare nei jeans, piacevolmente intonata con i capelli mori e gli occhi neri.
Un ultimo sguardo di incoraggiamento allo specchio, prima di riversarsi sulle strade della città.
Il lavoro aspetta! Gabriele dietro il bancone del bar, a versare fiumi di birra, a clienti sempre meno soddisfatti delle loro vite. Sempre più in cerca di nuove emozioni, e sempre più legati a quel barista al quale poter raccontar sempre più cose di se, una valvola di sfogo, uno sconosciuto che però ti capisce e ti conosce forse meglio dei tuoi familiari.Mentre Gabriele ascolta ogni sorta di storia, dispensa consigli, ammicca e con incomprensibile naturalezza lascia invaghire di se gli animi di chi lo ascolta.
Qualcuno lo ha descritto come uno scrigno, lasciato solo a conservare le emozioni che l’uomo a dimenticato, logorato dalla solitudine della routine del mondo moderno.
Quando nello scrigno non c’è più posto per le emozioni, Gabriele fa posto, spostando le proprie, sulle tele dipinte.
Ogni tela, ogni soggetto, ogni colore, nulla lasciato al caso, come un fluido vitale, una linfa troppo preziosa per esser gettata in balia del tempo, viene lasciata passare attraverso le setole dei pennelli ad intrecciarsi e fissarsi per sempre con le maglie della tela.Le sue giornate, tutte uguali, sempre la solita routine, spezzata dalle passeggiate, al mare o in montagna di cui era solito fare accompagnato sempre dal suo cavalletto per dipingere, e dalla macchina fotografica, per fissare quei momenti che per mancanza di tempo sarebbero sfuggiti.
Alla sera era solito, uscire con gli amici, poche volte in gruppo, e spesso con non più di tre persone. Non adorava la confusione, ma avvolte vi si rifugiava!
Spesso era accompagnato da qualche cliente affezionata del bar, con cui aveva intrapreso una qualche amicizia.
Non cercava amore né storie importanti, adorava il suo stile di vita.Piccole storie, emozionanti, ma di breve durata da cui fuggiva non appena se le sentiva stringersi addosso.Fortunatamente non aveva difficoltà, nel dar il via a tutte quelle piccole storie che gli giravano intorno, consapevole fin dall’inizio, che avrebbero, per loro natura, avuto una fine; Non per questo mancava mai di rispetto a nessuno. Ogni cosa bella, resta bella anche quando è finita, avvolte qualche spiacevole strascico, ma trovava il modo per recuperare e riportare le cose al puro stato di amicizia.
Reputava l’amicizia, quella vera perfino più forte dell’amore.
Durante la pausa pranzo quel giorno decise di non tornare a casa e pranzare in pizzeria.
All’ora di pranzo si diresse quindi in una pizzeria poco distante, dove durante l’attesa dell’ordinazione, una ragazza gli si avvicino, chiedendo se fosse proprio lui, proseguendo in cerca di certezza, chiedendo se si ricordasse di lei.
Per un attimo Gabriele dubitò di ricordarsi seriamente di quella ragazza, ma i suoi occhi gli ricordavano qualcuno. Poi come un lampo, venne alla mente il nome di Sara.
Certo che mi ricordo di te, sei Sara; disse Gabriele.
Come va ? come stai? Dipingi ancora? Chiese Sara.
Sì certo!; e chi può farne a meno! disse Gabriele.
Sai, ho ancora il ritratto che mi facesti tu; Continuò Sara. Si fu una bella giornata quella, rispose Gabriele, mentre di getto Sara ribatté: Fu un bel periodo, si!
Ma dimmi, cosa fai adesso, sei sposato? Chiese Sara.
Gabriele evitò la domanda, chiedendogli se avesse gia pranzato, e se avesse voluto fargli compagnia durante la pausa pranzo.Cosi passarono il pomeriggio, a chiacchierare e rimuginare i ricordi del periodo dell’università, le feste, gli amici, le serate a zonzo per la città vuota. Inevitabilmente si scambiarono opinioni sul loro attuale aspetto, risultando entrambi più maturi e sicuri di se, eppur sempre gli stessi irriducibili sognatori.
Si scambiarono le e-mail, per poi salutarsi frettolosamente e tornare alle loro vite da single.
Gabriele torno alla sua routine dietro il bancone.
Ben presto arrivo la sera, e come ogni sera, spense le luci del bar, e terminò di tirar giù la serranda già per metà chiusa, dall’ultimo cliente uscito dal bar.
Prima di tornare a casa, una breve visita al molo per fumarsi una sigaretta, e rilassarsi qualche minuto lontano dalle luci e dal frastuono del traffico cittadino, gustandosi la musica delle onde che gli raccontavano del pomeriggio appena passato.
Tornato a casa, si libero, del cappotto, delle scarpe che per tutto il giorno gli strinsero i piedi.
Le stanze, calde e accoglienti rischiarate dalla luce del camino ancora acceso. La luce del fuoco rischiarava i suoi quadri appesi alle pareti; una donna tinta con toni di verde e grigio, dai capelli neri e ondulati, con in mano un mela, rossa.
Rossa era anche la benda che gli copriva gli occhi, senza stringersi sul viso le si allacciava dietro la nuca con dolcezza, quasi facesse parte di lei. Indosso null’altro. Seduta su se stessa e sulla caviglia riportava la firma di Gabriele, nessun titolo, nessuna data.Quel quadro padroneggiava su tutti gli altri, per le dimensioni, e per il misto di sensualità, passione e malinconia che riusciva ad esprimere.
Gabriele aveva preparato la sua cena, mentre dallo stereo infondo alla sala si diffondeva la musica che aveva scelto. Finì con tutta calma la sua cena, ripose con cura le vettovaglie dopo averle lavate ed asciugate.
Si liberò, della camicia, per restare a petto nudo con indosso i pantaloni bianchi. Il suo fisico, dalla carnagione mediterranea, non era particolarmente muscoloso, magro, ma ben proporzionato, con le linee muscolari ben scolpite, le spalle dritte, ed una piccola voglia bruna a forma di grappolo d’uva sul fianco al lato dell’inguine.
Non aveva voglia di guardare la tv quella sera, né di dipingere, così accese il PC, intento a dialogare attraverso il “messenger” con cui teneva i contatti con gli amici sparsi nel mondo. Amici d’infanzia, vecchie conoscenze, ma anche ignoti argonauti del web ai quali dedicava molte delle sue notti, con discussioni importanti, prive di superficialità e in completa sincerità e segretezza, protetto dallo schermo e dalle distanze.
Un diario segreto fatto di persone, che ti ascoltano con interesse, ma che non anno voce per raccontarle ad altri, che non conoscerai mai, e con i quali non avrai mai frasi o episodi raccontati da dover sostenere. Le amicizie su internet vanno e vengono, iniziano come una semplice discussione per poi entrare nell’intimo; fantasie mai dette, lati della propria personalità sconosciuti a noi stessi.
Un mondo parallelo, in cui la realtà si fonde e confonde con la fantasia; il corpo perde la propria ragione di essere, le sensazioni sono le uniche a passare attraverso i fili di rame che collegano milioni di persone in quella fitta rete chiamata web.
Non ricordo quale filosofo, professasse gia in tempi arcani e privi di tecnologia, che il sentimento più forte dell’uomo ossia l’amore, fosse tanto più puro quanto meno gli altri sensi quali la vista, l’udito ed il tatto, lo inquinassero; puro sentimento, espresso attraverso frasi scritte, su carta pergamena.
Può internet fungere da filtro e lasciar passare solo quelle sensazioni intrinseche alle frasi scritte su un freddo schermo a cristalli liquidi? quando avrete trovato la vostra risposta, non saprete più quale lato della vostra personalità ha voluto suggerirvela.
Gabriele stava conversando con alcune conoscenze, alcune reali, altre virtuali, altre ancora virtuali ma che grazie alle brevi distanze diventavano a tratti reali. Avvolte la vita ci chiede di concederci ai piaceri della carne senza che questi implichino, delle conseguenze, senza coinvolgimenti sentimentali, e senza che abbiano un seguito.
Avvolte Gabriele, senza volerlo, o fingendo di non volerlo, dava sfogo a tutta la sua poeticità, nascosto dietro allo schermo, lasciando che le ragazze con cui conversava si invaghissero di lui, e in qualche modo gli riusciva molto bene, quasi in modo incontrollato, quasi non fosse lui a scrivere.
Spesso succedeva che poi il corpo reclamasse la sua parte e cosi lì dove fosse possibile, la storia diventava reale, per brevi periodi o anche per una sola notte!
Gabriele non cercava storie di lunga durata, né l’amore della sua vita, a lui bastava la passione, l’attimo; si nutriva di emozioni. Quando una storia raggiungeva un livello tale da nuocere ad una delle due parti, quando se le sentiva strette addosso, non lasciava spazio alla poesia, lasciava che la passione sciamasse lentamente portando via con se tutto ciò che c’era stato.
Ed è per tutto questo che nelle conversazioni di Gabriele non sono rare, frasi del tipo: non insistere, ti sei già invaghita di me una volta ed io di te, e sai che non sono quel che cerchi, meriti altro, molto di più, come tutti.
Avvolte un lato un po’ deprecabile del suo carattere scherza con le sue amiche mettendo in risalto come poteva essergli facile far invaghire le ragazze come loro.
Questa è una parte della sua indole alquanto detestabile, ma chi lo ha conosciuto “realmente” sa che esiste, per quando fastidioso sia. Chissà se fuori dallo schermo presenterebbe ancora tutta questa sicurezza!?
I dialoghi di Gabriele, quella sera, avvenivano con gli abituali compagni, i soliti affezionati amici.
Ilaria: la ragazza in cerca del principe azzurro.
La sua vita era un continuo scontro con la realtà dei fatti, che trovava le sue difficoltà tra le continue ricadute nella depressione della madre, ed il padre che viveva lontano per via del lavoro. Lei però continuava a sognare e rincorrere la sua favola, il suo principe, sognando di vivere in una piccola casetta in campagna attorniata dalla sua futura famigliola.
Giusy: l’universitaria, che molto aveva in comune con Gabriele, stesso carattere, entrambi romantici e sognatori, una delle storie diventata realtà, entrambi poeti maledetti da una sola notte, e senza coinvolgimenti. impegnata negli studi d’arte moderna, era fortemente innamorata di se stessa, e questo assieme alla passione per l’arte era tutto ciò che le serviva.
Sara: la ragazza incontrata nel pomeriggio, con cui aveva condiviso il pranzo e lunghe serate all’università.una ragazza semplice, carica di sani principi, lavorava come infermiera riuscendo a mantenersi da sola. Passava il suo tempo libero, tra volontariato e qualche caffè al bar con le amiche. Secondo Sara, la vita è bella in quanto vita, tutto accade a tempo debito, e si lasciava trasportare dagli eventi in volo tra una pagina e l’altra del suo destino.
Gabriele la definiva il lato positivo ed ottimista di questa nostra società.
Erano i loro compagni di conversazione in quella notte di fine inverno.
Ben presto si aggiunsero:
Luca; un uomo sposato, benestante, posizionato tra le alte cariche universitarie, che amava alla follia sua moglie, ma che non riusciva a respingere le provocazioni delle innumerevoli ragazze che all’università gli rivolgevano, finendo troppo spesso nel suo letto, per poi starci male, divorato dal rimorso ricorrente, e dallo sguardo dolce di sua moglie che gli bruciava come il sale, sulle ferite nel petto, provocate dalla sua trasgressione. Tutti loro erano il suo “confessionale” alla continua ricerca di redenzione, per la mai ultima trasgressione.
Infine c’era colui che si nascondeva dietro l’acronimo do Vlad.
Vlad era un ex fotomodello russo, ormai trapiantato a Roma, che lavorava come rappresentante di cioccolatini, sapete, quelli con le frasi d’amore dentro la confezione.Per tutti noi era il vile-bastardo.
Per Vlad l’amore non aveva senso, la poesia era la punizione di Dio, donata all’uomo per renderlo meno selvaggio. La droga il sesso ed il rock, per Vlad erano solo i preliminari. Quando non aveva assunto altre droghe, il sesso era la più agognata. Un forte carisma la notte prima, un perfetto sconosciuto, freddo e gelido, infastidito di averti nel suo letto la mattina seguente.
Credo che nessuna delle ragazze presenti quella sera vorrebbero veramente conoscerlo.
Vlad era alquanto arrabbiato quella sera, poichè a suo dire una ragazza con cui da qualche settimana conversava, nonostante fosse nella sua stessa città, non voleva incontrarlo, ma allo stesso tempo non voleva chiudere ogni contatto.
Tra le varie risposte, delle ragazze che erano presenti alla conversazione, Giusy gli spiegava come quella ragazza era esattamente la sua immagine allo specchio, e che quello che lui faceva a tutte le altre ora lo stava subendo lui.
Come ci si sta? Chiedevano
Dove è finito il freddo Vlad! Ironizzavano.
Prendi esempio di buone maniere da Gabriele, forse cosi saresti degno della sua considerazione, aggiunse Sara!
Mentre Gabriele, attizzava il fuoco dicendo che le buone maniere non potevano far parte di quel essere selvaggio.
Vlad rispose spiazzando Gabriele affermando che egli parlava, parafrasava, usava la poesia, ma alla fine non era in grado di combinare mai nulla.
Una fama fittizia, un essere virtuale.
Dici ! ne sei convinto! Io sono sicura del contrario. Aggiunse Giusy.
Ormai era quasi l’una del mattino. E Gabriele doveva alzarsi all’alba per andare a lavoro, stanco e con gli occhi arrossati seguiva a stento quella conversazione che lo trovava al centro dell’attenzione.
All’improvviso Luca che fino a quel momento aveva seguito in completo silenzio la discussione!
Irrompe dicendo: piantatela, ragazzini senza esperienze! Vi propongo una cosa!
Daremo a Gabriele pochi mesi per far invaghire una persona di lui, e vedrete che si smentirà.
Giusy rispose: sei mitico luca, dove sei, voglio conoscerti!
Sara: e chi sarà la prescelta!?
Ilaria: e lo chiedi? L’irraggiungibile! La ragazza che ha conosciuto vlad.
Gabriele rispose, inizialmente, acconsentendo al gioco, ma gia aveva qualche dubbio al riguardo.
In seguito aggiunse che, vlad sicuramente gli avrebbe messo i bastoni fra le ruote, avendo il contatto con la ragazza, e non avrebbe avuto scampo.
Giusy aggiunse: be! si, non ha tutti i torti, lasciamo scegliere a lui!
Luca: certo cosi sceglie qualcuno che conosce, prende accordi e ci beffeggia tutti!
Gabriele sempre più stanco, lascio la conversazione lasciando loro decidere il da farsi, accettando la sfida, ma in quel momento non era in grado di stare ancora sveglio, cosi salutò tutti e gli diede appuntamento alla sera successiva per conoscere i risvolti del loro perfido giochetto.
Spense il PC, e si coricò a letto.Nella stanza il fuoco era ormai spento, ma la musica, dolce e lieve, continuo a sussurrare fino al mattino.

CAPITOLO -2- "IL TAVOLO 6"

Sono quasi giunte le 21: 30, ed all’interno del bar rimane solo qualche cliente con poca voglia ti tornare a casa. Sorseggiano lentamente le loro birre, con lo sguardo perso tra il televisore al plasma sulle pareti di pietra, e uno sguardo ai quotidiani che vista la giornata ormai giunta al termine saranno presto sostituiti dalle nuove notizie da prima pagina del mattino successivo, gia accennate dai TG televisivi.
Sul tavolo 6, in disparte, una donna sola richiama l’attenzione di Gabriele, ordinando un caffè con dello zucchero di canna. A quella richiesta Gabriele si asciuga le mani bagnate dall’acqua con cui lavava gli ultimi bicchieri e con fare leggero e gentile si avvicina al suo tavolo. I capelli folti e robusti le scendevano lungo il viso attorniandolo con boccolosi riflessi rossicci. Il suo sguardo era molto profondo, gli occhi scuri, color nocciola, sembravano raccontare difficoltose vicissitudini superate con fierezza.Il viso dai lineamenti rudi, ma femminili, lasciava trasparire un incredibile forza di volontà. Gabriele avvicinandosi alla signora, disse con garbo di non poterle preparare il caffè avendo gia pulito ed effettuato la manutenzione della macchina per l’espresso. La donna per sua risposta, con aria dotta e ammiccante, rispose come mai un giovane cosi educato negasse un caffè ad una signora come lei.
Con abile loquacità, come solo Gabriele avrebbe potuto usare, rispose spiegando che se avrebbe insistito il caffè lo avrebbe servito ed offerto volentieri, ma i primi caffè dopo la manutenzione non hanno un buon sapore solitamente, per cui non erano all’altezza della signora.
Due piccole gote rosse lasciarono subito trasparire, che al di la dell’aspetto sicuro, i complimenti avevano sortito il proprio effetto.
Avete l’aria molto stanca, disse la signora invitando Gabriele a sedersi per qualche istante affinché la aiutasse a scegliere qualcos’altro.
Nel frattempo l’ultimo cliente salutava Gabriele attraversando l’uscio, ed abbassando a metà la serranda del locale con cenno di intesa rivolto al barista, così come era sua abitudine serale.
Lo sguardo fisso di quella donna dritto negli occhi di Gabriele, suscito una incomprensibile sensazione, di attrazione e repulsione nei confronti di quella donna che in fin dei conti poteva avere l’età di sua madre, ma fu proprio la maturità del suo aspetto fisico, che lo attraeva.
Avete deciso cosa devo servirvi signora, disse Gabriele, con tono nient’affatto scocciato dell’attesa.
Ancora un attimo rispose la signora continuando a fissarlo.
Cosi Gabriele ruppe il ghiaccio iniziando una conversazione, chiedendo cosa ci facesse una signora carina come lei, da sola in quel bar.
La donna rispose, che si era trasferita gia da un pò in città, ma che nonostante avesse un carattere aperto e socievole riscontrava dell’astio, tra i suoi coetanei essendo per la quasi totalità sposati, mentre restava indifferente agl’occhi dei trentenni data la sue età, ritrovandosi così sola a parlare con un barista che se non fosse per professionalità e cortesia, non l’avrebbe presa in considerazione.
Ma cosa dice signora! Esclamò Gabriele.
Continuo spiegando di come lui parlasse con le persone, non per dovere, ma per puro piacere.
Vede signora; continuo Gabriele, ognuno di noi a molto da insegnare e da condividere con gli altri, se i giovani servono a ricordarci quanto spensierata fu un tempo la nostra vita, quanti sogni abbiamo perso, le persone adulte possono insegnarci come la morte non abbia tempo per rincorrere i nostri desideri, per cui finche il nostro corpo è vivo, i nostri desideri restano sempre vivi, poi sta a noi decidere se lasciarli morire nell’attesa, o farli rivivere.
Un corpo senza anima, è un corpo senza vita.Le emozioni sono il cibo dell’anima, e dobbiamo averne cura proprio come abbiamo cura del nostro corpo.
Quanta saggezza in un così giovane ragazzo, beffeggia con ironia la donna.
Io non vorrei mai arrivare alla sua età e guardare il mio passato con rammarico, per cui vivo ogni attimo incondizionatamente.
La donna rispose, dicendo che quando aveva la sua età presentava la stessa voglia di amare la vita, ma crescendo s’impara che la vita spesso non è come la immaginiamo.
Cosa vuole fare da grande signora? Chiede con un lieve ghigno sulle labbra Gabriele.
La donna rispose: da grande!? avrei voluto fare un lavoro come il tuo, stare in mezzo alla gente,e non in un piccolo ufficio a smistare posta e copiare indirizzi.
Gabriele rispose: il mio lavoro, è molto bello, ma la sua bellezza non è data dai clienti che mi circondano, poiché essere in mezzo alla gente non significa non essere soli, mi creda avvolte ci si sente più soli in mezzo ad una folla, piuttosto che accovacciati nel proprio letto al sicuro del proprio nido, il segreto è riuscire a condividere le proprie emozioni, a non essere i soli a sortirne l’effetto.
Già! Intanto il caffè non me lo avete preparato, disse la donna, continuando dicendo che ormai non era più necessario, compiacendosi della buona compagnia con cui avesse passato quel tempo.
La ringrazio per aver condiviso il suo tempo con me, disse alzandosi poi dalla sedia.
Già, il caffè ! disse Gabriele. Conosco un posto dove a quest’ora fanno degl’ottimi caffè continuò, vi va di farmi compagnia?
Bè, come potrei rifiutare! Rispose la donna e ripetendosi pensando tra se e se, cosa ci fosse di male, infondo era sola, lui era solo, e poi che male cera lasciare che l’anima decidesse al posto del corpo per una sera, infondo l’anima non ha età né pregiudizi, ma ha una coscienza, quindi evitiamo i rimpianti.
In realtà trovava Gabriele fisicamente acerbo, se non fosse per quell’aria da poeta maledetto che gli si formava indosso, dopo averci parlato per pochi minuti.
Non è ben comprensibile cosa potesse passare per la mente di Gabriele, ma sembrava molto compiaciuto di quel incontro, sembrava aspettasse da sempre che quella donna entrasse nel suo bar e si sedesse a quel tavolo.Non crediate che il sesso sia l’unico pensiero di Gabriele, non è nel suo stile, non se privo di emozioni, non se implichi rimpianti dell’una o dell’altra parte. Una cosa è certa però, quella donna lo intrigava, lo seduceva, senza dover necessariamente far nulla.Ammaliante, la trovava ammaliante.
Spensero le luci del bar, due giri di chiave alla serranda chiusa e s’incamminarono nel viale di fronte al bar.le luci dei lampioni offuscate da una lieve nebbiolina si alternavano alle chiome bagnate degl’alberi. Il silenzio della città rotto solo dal rumore delle onde contro le rocce man mano che si avvicinavano al molo.Un viottolo di sampietrini li condusse ad una piccola caffetteria.Una piccola fiaccola accesa, illuminava l’insegna all’entrata.
Scostarono la piccola porta d’entrata e si recarono a sedere in u angolo del locale.Una piccola finestrella al lato del tavolo di legno massello color noce, donava la vista sul faro che con il suo fascio di luce roteante, illuminava lievemente e a tratti i loro volti. Gabriele guardando fuori disse: manca solo un bel caffè bollente ora; mentre lei fece un incerto cenno di consenso con il capo.
Una giovane cameriera si avvicino al loro tavolo chiedendo cosa volessero ordinare.
I due si guardarono per un attimo negl’occhi e all’unisono con voce decisa esclamarono: Cioccolata calda!
Sorridendo per l’inaspettata intesa, e continuarono ancora una volta sovrapponendo le voci: con panna grazie!
Arrossirono entrambi e per un attimo scese un imbarazzante silenzio se non fosse per la ragazza che sorridendo disse: arrivano subito!
Conversarono a lungo quella notte, risero e sorrisero guardandosi mentre gustavano le loro cioccolate.
Scherzarono delle proprie scorrerie da bambini, raccontandosi gli episodi più discoli della loro infanzia, per soffermarsi e ritrovarsi adulti a guardar un faro fuori dalla piccola finestrella.
Rincuorati e divertiti, pagarono il conto e si diressero all’uscita, continuando a burlarsi l’un l’altro.
Gabriele si porto in avanti, e con uno strampalato inchino da gentiluomo le aprì la porta, ricalcando con tono ironico le parole: mi consenta la cortesia milady; aprendo la porta. La signora sorridendo, e con finta aria altezzosa e nobile, rispose: con permesso Sur! Annodandosi il foulard!
Appena fuori, chiusa la porta non trattennero un sfacciata risata spontanea.
Bene, lei da che parte abita? Chiese Gabriele
Sono a pochi passi dopo quel viottolo laggiù rispose la donna.
La mia direzione è l’opposta alla vostra, ribatte Gabriele.
Allora con permesso, io andrei per la mia strada, disse Gabriele.
Con permesso ribatte la donna, un ultimo sguardo e si diressero ognuno per la propria via.
La nebbia era quasi scomparsa lasciando
Miriadi di gocce di rugiada che scendevano dalle persiane e dai portoni delle case dei viottoli, mentre
Il ticchettio dei loro passi che si allontanavano sciamava tra i vicoli fino a scomparire, metre la città cominciava ad illuminarsi con i primi raggi di sole per dar vita ad un altra giornata.
Pubblicato il 20 agosto ore 14:02

CAPITOLO 3 – GIOCARE CON IL FATO

Passarono due giorni, prima che Gabriele cercasse di ricontattare i suoi amici “virtuali”; molto lavoro, poche le ore di sonno.
Nel pomeriggio del terzo giorno, durante la pausa pranzo, decise di passare del tempo al PC.
Controllando la posta elettronica, dove legge con piacere, l’e-mail di una sua vecchia conoscenza d’infanzia che chiede di essere ricontattato via messenger.
Presto fatto Gabriele è li a parlare con Natan, un ragazzo con cui aveva condiviso l’infanzia e parte dell’adolescenza. Una anima irrequieta, continui spostamenti per via del lavoro del padre, socievole e rispettoso. Natan aveva acquisito nel suo carattere qualcosa di ogni città in cui si fosse trasferito. Quasi privo di accento parlava un italiano alquanto perfetto. Stava cercando di ricontattare tutte le sue conoscenze delle varie città. Colto e vissuto, si era sistemato nella sua ultima tappa, dove viveva con la madre da quando venne a mancare il padre.
Lavorava in banca, e fuggiva da quel lavoro monotono, ma che gli dava una certa sicurezza economica, suonando la chitarra assieme ad un gruppo di suoi amici musicisti.
Frattanto che natan parlavano del più e del meno, sopraggiunge Giusy.
Ciao Gabriele disse, e continuo: e cosi sei sparito, evidentemente il giochetto proposto non faceva per te!
No non sono sparito disse Gabriele, ma sai ho avuto degli impegni, e poi c’è il lavoro, e poi bisogna dormire, ora ho fatto un salto qui, per recuperare una vecchia conoscenza, e comunque hai il mio numero di telefono, quando vuoi sentirmi, oppure potresti farti un giro al bar.
Be! hai ragione, rispose Giusy! E… com’è questo tuo amico, carino? Continuo.
Gabriele rispose dicendo, per quel che mi ricordi era un bel tipo, biondo con gli occhi castani, abbastanza avvenente; vorresti conoscerlo?
Aspetta un attimo che vi metto in contatto! E da li iniziarono a conversare quasi escludendo Gabriele sulle varie città in cui era stato, sul suo stile di vita e il lavoro.
Durante la conversazione si aggiunsero, Luca, Sara e Vlad.
Vlad ad un certo punto della conversazione, irrompe chiedendo a Natan se un tipo così vissuto come lui avesse il coraggio di accettare una sfida.
Natan senza pensarci su due volte rispose: una sfida a viso coperto? Senza conoscerne in anticipo le regole?
Vlad rispose: si proprio così, bello!
Sai il tuo amico Gabriele si è tirato indietro, parla parla, ma poi non ha abbastanza fegato.
Natan intrigato e divertito risposte: ok, accetto la sfida, ora puoi dettare le regole.
Spiego brevemente di cosa si trattasse, e aggiunse, per quel che riguarda la persona che dovrai far invaghire di te, sarà il caso a sceglierla!
Inseriremo un annuncio, che dovrà essere alquanto neutrale per attirare persone gia interessate a te.
Tu non conoscerai il sito in cui verrà posto l’annuncio; noi lasceremo come recapito solo il tuo contatto messenger, la persona scelta sarà la prima persona che risponderà al messaggio contattandoti.
Potrai inventarti tutto ciò che vuoi, lavoro diverso, città diversa, interessi diversi da quelli che hai.
Non potrai mentire sul tuo aspetto fisico, poiché la sfida sarà vinta al primo appuntamento reale.
Natan confermo quanto la cosa lo intrigasse e rivolgendosi a Gabriele disse: ma bella gente frequenti! Dove li hai trovati, con tono ironico, e concluse chiedendo quale fosse la posta in gioco!
Luca intervenne: noi ti daremo 100 euro per ognuno di noi se vinci, mentre se perdi, tu perderai solo 100 euro, ma inseriremo una miriade di annunci a nostro piacere, su internet con il tuo recapito residenziale.
Allora ci stai ? chiese Sara un po’ dubbia sulla morale di quel che scherzando stava prendendo piede.
Si ci sto! Rispose natan; infondo 100 euro non sono un capitale tale da rovinarmi la vita, ma quando avrò vinto vorrò il doppio della posta in gioco, accettate?
Accettarono tutti!
Ok allora scrivi il tuo indirizzo, e numero di telefono, mentre il numero di carta di credito lo darai a Gabriele essendo la persona che ti fidi di più disse Luca.
Natan scrisse dunque quanto richiesto e diede a Gabriele un numero errato della sua carta di credito.
Nel mentre la discussione andava avanti, il telefono di Natan inizia a squillare, cosi Natan avvisa tutti che si assenterà un attimo per rispondere al telefono, si alza e si dirige nella sala da pranzo dove in un angolo del salotto un cordless argentato continuava a squillare.
Prende il telefono e risponde.
Dall’altro capo del telefono, una voce divertita, con un lieve accento balcanico, dice: pronto natan?
Si, mi dica rispose natan.
Ciao bello! Rispose l’uomo dall’altro capo del telefono, sono Vlad, volevo solo assicurarmi che fosse il tuo numero.
A bene, vedo che la vostra fiducia nei miei confronti ha dei livelli ineguagliabili, rispose natan.
Vlad aggiunse: dai non te la prendere, si fa per scherzare, vedrai ci si diverte! Ciao bello, e chiuse la conversazione.
Al PC Gabriele, disse a Natan che secondo lui si stava ficcando nei pasticci, ma lui rispose che la cosa lo intrigava moltissimo, e che nel peggiore dei casi avrebbe perso 100 euro.
Gabriele aggiunse, no Natan, con recapito telefonico ed indirizzo, si può anche rovinare la reputazione delle persone su internet. Pensa se per caso uno dei tuoi colleghi legga un tuo annuncio particolare, o vietato ai minori, non credo che finisca li la cosa!
Tirati fuori e lascia perdere, a me sembra un gioco stupido e pericoloso. Ormai i dadi son tratti, e poi non preoccuparti non avrò difficoltà ad uscirne vincitore.
Gabriele disse: ragazzi è tardissimo la mia pausa pranzo è finita devo tornare a lavoro.
Un attimo solo Gabriele; disse qualcuno.
Domani a mezzanotte inseriremo questo annuncio e si apriranno i giochi.
L’annuncio era molto semplice e disinteressato, nulla di eccessivo o provocante, alquanto inoffensivo e riportava le seguenti parole:
“Salve sto lavorando al PC, ne avrò ancora per un pò e sono molto annoiato e stanco, avrei molto piacere a fare due chiacchiere in messenger?”
Sembra ok! Disse Gabriele e salutò frettolosamente tutti per tornare a lavoro.
Pubblicato il 29/08/2008 ore 19:55

Capitolo 4 – A PRIMO SGUARDO

Da qualche parte in Italia; Flash su flash, luci accecanti, psichedeliche, puntate su location appositamente costruite in studio.
Vento artificialmente creato da enormi, rumorosi, ventilatori metallici.
Sveglia all’alba, doccia fredda, mentre il PC controlla autonomamente l’arrivo di qualche e-mai, una veloce telefonata, la canottiera scura in tono con gli sleep, scende velocemente a coprire il fisico scolpito, proporzionato, dal colorito bronzeo, perfettamente curato.
La camicia bianca, ben stirata, viene indossata con delicatezza; bottoni neri che si chiudono uno dopo l’altro mettendo in risalto la muscolatura del petto e del ventre.
Pantaloni neri, cinturino di cuoio nero, con scintillante fibbia in acciaio, scendono senza nessuna piega sugli scarponcini in pelle nera tirati a lucido.
Un sorriso mordace allo specchio, un ammiccamento d’autostima, mentre la cravatta scivola e si allaccia ineccepibilmente al di sotto del colletto bianco per distendersi sulla camicia. Indossata la giacca nera, ancora qualche goccia di profumo tra le mani per portarlo agli zigomi, per balzare fuori dell’appartamento e ritrovarsi nell’ascensore. Condomini sconosciuti di palazzi grandi quanto interi quartieri si salutano per circostanza tra una rampa di scale e l’altra.
Per ritrovarsi ben presto in auto al centro di una calcagna d’impazienti automobilisti, viavai continui di passanti presi dall’organizzare il tempo a disposizione in questa giornata appena cominciata.
Una gara contro il tempo, una sfida contro il caso, per accaparrarsi l’ultimo parcheggio rimasto.
La città si è svegliata! così piena di persone, eppure ognuno di loro sembra intriso di molta solitudine nel mezzo di quella calca di estranei con cui condividere le strade , le fermate, le piazze e i carrelli nei supermercati.
Finalmente arrivato davanti al grande palazzo bianco, con le vetrate a specchio che inducono migliaia di adolescenti a fantasticare su cosa succede dietro quegli specchi, che nascondono un mondo meraviglioso, tappezzato di carta patinata, percorso da rivoli scintillanti di vita mondana.
Appena attraversata la grande vetrata dell’ingresso, la hall si spalanca dinnanzi, invitante con i suoi sofà di pelle bianca, e la moquette blu oltremare.
Si avvicina alla macchina posta sulle pareti finemente decorate di bianco e argento ed estrae la tessera per accedere al resto della struttura, sulla tessera una foto con in basso a caratteri rialzati, il nome “ Mirco ”.
Mirco percorre il lungo corridoio che lo porta all’area amministrativa dove ad attenderlo ci sono impazienti, truccatori, fotografi e tutto l’occorrente per portare quella immagine di se sulla carta patinata.
Musica, flash, luci, passi e movimenti sprezzanti. Sguardi accattivanti, seducenti, dritti sull’obiettivo della macchina fotografica. Piccoli movimenti del capo, del torace, a cercare la luce più seducente.
Tutto si spegne improvvisamente, le luci smettono di accecare, la musica cessa di suonare, per lasciare spazio alle parole “stop; cambio”.
Un brulichio di persone tutte attorno, gli cingono gli abiti indosso, mentre altri ne variano la pettinatura dei capelli e ritoccano il trucco disciolto dal calore dei faretti accesi.
Altre foto, differenti pose, mentre un uomo con la macchina fotografica tra le mani gli suggerisce la mimica facciale ed i movimenti del corpo.
Ok, può bastare! Esclama l’uomo con la macchina fotografica tra le mani.
I ventilatori cessarono di girare, e le luci si spensero.
Smessi gli abiti di dosso, Mirco si rilassa un attimo sotto alla doccia negli spogliatoi, per rimuovere il sudore ed il trucco dal suo volto.
Si riveste, esce dal fabbricato, e si dirige in auto.
Altro traffico, altri sconosciuti per far ritorno a casa, dove potrà finalmente rifugiarsi dal caos cittadino per qualche ora, prima di recarsi alla piccola radio locale, dove lavora a turni nel pomeriggio e la notte, per far fronte al carovita delle città moderne e permettersi degl’abiti firmati per le occasioni mondane a cui non può, con rammarico, permettersi di mancare.
Mirco non adora, infatti, la vita mondana. Cocktail, afterward, e gala non fanno parte del suo mondo, e vengono vissuti come dei piccoli straordinari lavorativi.Appena tornato a casa, indossa degli abiti sportivi e si precipita al parco dove immerso nella natura, corre due volte la settimana per mantenere la perfetta forma fisica.
Pubblicato il 29/08/08 ore 21:00